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Cassazione civile , sez. III, sentenza 17.01.2008 n° 867
martedì 20 maggio 2008 - Pubblicazione a cura di

Responsabilità del medico, lesioni al feto, accertamento del nesso causale

 
 
In tema di responsabilità del medico per lesioni al nascituro, l'accertamento del nesso causale non discende automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, in quanto il Giudice deve verificarne la validità nel caso concreto.
 
Ne deriva che è configurabile il nesso causale fra il comportamento omissivo del medico ed il pregiudizio subito dal paziente qualora l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno.

 
 
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
 
SEZIONE III CIVILE
 
Sentenza 17 gennaio 2008, n. 867
 
Svolgimento del processo
 
C.S. e G.L., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul figlio minore C.D., convennero innanzi al tribunale di Milano la fondazione centro S. Raffaele del Monte Tabor (fondazione) per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni (biologico, patrimoniale, morale) subiti da loro e dal figlio in conseguenza delle lesioni che i medici della divisione di ostetricia e ginecologia dell'ospedale S. Raffaele, facente capo alla fondazione, avevano causato al figlio per negligenza ed imperizia in occasione della nascita.
 
La fondazione si difese, sostenendo che non era ravvisabile negligenza o imperizia dei medici in alcuna delle fasi del parto.
 
In corso di causa decedette C.D..
 
Il tribunale pronunciò due sentenze, una non definitiva e l'altra definitiva; con la prima condannò la fondazione al pagamento della somma di L. 128.200.000, oltre accessori in favore di C.S. e G.L. quali eredi del figlio a titolo di danno biologico e morale e dichiarò tenuta la fondazione a risarcire i danni subiti dai predetti in proprio, demandandone la liquidazione al prosieguo;
 
con la seconda liquidò il danno in favore di C.S. in L. 720.000.000, ed in favore di G.L. in L. 800.000.000.
 
La corte di appello di Milano con sentenza resa il 29.4.2003 accolse il gravame della fondazione e respinse la domanda, compensando le spese di entrambi i gradi, con la seguente motivazione.
 
Il Giudice dispone del potere di rinnovare la c.t.u. quando la ritenga insufficiente ed inidonea, ma ha l'obbligo di indicare le ragioni della inidoneità o insufficienza; il primo Giudice non ha ottemperato a questo obbligo, avendo disposto la rinnovazione della c.t.u., senza alcuna motivazionè dopo avere disatteso le conclusioni della prima c.t.u., ancorchè meritassero di essere condivise, e mostrato di aderire a quelle della seconda, sebbene prive di adeguata motivazione, il detto Giudice ha elaborato una specie di "terza perizia", utilizzando parti di entrambe le c.t.u. ed il materiale scientifico acquisito; ne è derivato l'errore di confondere il piano della valutazione soggettiva della colpa e quello del nesso di causalità; in sostanza il primo Giudice ha addebitato ai sanitari operanti di non avere valutato tempestivamente lo stato del feto e di avere con la loro omissione causato il danno anossico - cerebrale;per la prevalente giurisprudenza, anche se sul piano naturalistico un evento dannoso possa considerarsi causato da un altro quando, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato senza il secondo, non è sufficiente tale relazione per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi all'interno delle serie causali così determinate dare rilievo solo a quelle che nel momento in cui si produce l'evento causante non appaiono inverosimili; secondo il più recente orientamento della Suprema Corte penale il procedimento utilizzato per stabilire se l'omissione è condizione necessaria dell'evento non è diverso nella sua struttura, sotto il profilo dell'accertamento, da quello cui si ricorre per giustificare la causalità dell'azione, ossia il Giudice, avvalendosi del modello della sussunzione sotto leggi statistiche, afferma che è probabile che la condotta dell'agente costituisca una condizione necessaria dell'evento; una spiegazione adeguata del singolo evento presuppone una legge statistica con un coefficiente percentualistico vicino a cento e deve sfociare in un giudizio controfattuale sul nesso di condizionamento di alta probabilità logica o di elevata credibilità razionale; questo orientamento è conforme a quello espresso dalla Cassazione civile per la quale l'inferenza statistica deve basarsi su coefficienti probabilistici di elevata apprezzabilità; si giustifica, pertanto, la conclusione del c.t.u. prof. ***** circa l'impossibilità di considerare provata una relazione causale tra il comportamento dei sanitari e le lesioni subite dal C., non potendo configurarsi quella elevata probabilità statistica circa il fatto che il loro comportamento omissivo sia stata uca condizione necessaria dell'evento; nessun elemento di riscontro oggettivo può giustificare la conclusione che un eventuale ritardo dei sanitari nelle manovre di estrazione e rianimazione del feto abbia determinato o concorso a determinare l'evento lesivo e, poi, quello mortale.
 
C.S. e G.L. hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi sostenuti con memoria; ha resistito con controricorso l'intimata.
 
Motivi della decisione
 
1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 1223 c.c., ss., e art. 2043 c.c.; la corte di merito - sostengono - ha fatto proprio il criterio della certezza in tema di accertamento dell'esistenza del rapporto di causalità definitivamente abbandonato dalle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione con sentenza 30328/2002 per quello della probabilità logica; conseguentemente, pur ritenendo negligente l'assistenza medica prestata alla partoriente, si è posta alla ricerca della legge statistica con un coefficiente percentualistico vicino a cento per stabilire se "l'omesso controllo delle condizioni materno - fetali è stata una condizione necessaria dell'evento"; avrebbe dovuto, invece, svolgere il giudizio controfattuale sul nesso causale, valutando se l'ipotesi che collega l'evento (nascita di un neonato inanime) ad una prolungata anossia del feto nel periodo (un'ora e trenta minuti) di omessa sorveglianza delle condizioni materno - fetali sìa assistita da una "elevata credibilità razionale"; posto che, trattandosi di condotta omissiva, il giudizio controfattuale consisteva nel verificare se l'azione attesa (controllo delle condizioni materno - fetali ogni quindici minuti) avrebbe o meno impedito l'evento, si dovevano accertare, da un lato, gli aspetti ed i significati delle condizioni biologiche e neurologiche rilevate nel neonato subito dopo la nascita ed occorreva valutare, dall'altro lato, se l'azione attesa avrebbe potuto scongiurare l'evento; in caso di risposta affermativa bisognava verificare la sopravvenienza di eventi eccezionali; il primo c.t.u. prof. B. ha individuato la causa delle lesioni cerebrali patite dal feto in una grave anossia; nel valutare tale elemento la corte di merito ha affermato che non si vede come possa trarsi da un fatto accettabile sotto il profilo logico e, cioè, che il valore di PH alterato è indice di una sofferenza antecedente un dato illativo e da dimostrare, qual è quello che la sofferenza risaliva a più di trenta minuti; l'elemento presenta, invece, decisiva importanza ai fini della soluzione del punto nodale della controversia se valutato assieme alle altre evidenze probatorie;
 
ponendo il dato del valore del PH nel sangue in relazione con il suo significato indicativo di "grave anossia cerebrale", risulta evidente che l'anossia è insorta fra le ore 1,40 e le ore 3,10; non si spiegherebbe altrimenti che il bambino sia venuto alla luce praticamente privo di vita, mentre un'ora e trenta minuti prima era in buona salute, come attestato dal tracciato cardiotocografico;
 
cade, perciò, l'ipotesi della riferibilità delle lesioni cerebrali a fattori, peraltro ignoti, insorti in epoca gestazionale; appare pienamente rispondente sul piano logico ai fatti obiettivi ed ai loro significati medico - legali la tesi della riferibilità delle lesioni cerebrali ad una improvvisa e violenta sindrome anossica insorta nella fase finale del travaglio; ciò tanto più se si tiene conto del dato - ignorato dalla corte di merito - del grave stato di ansia della gestante.
 
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano omessa ed insufficiente motivazione circa punto decisivo della controversia; in particolare sostengono che, fuorviata dalla scelta metodologicac di ricercare una legge statistica con percentuale vicina a cento, la corte di merito ha trascurato il dato concernente la presenza di PH nel sangue del neonato; tale dato avrebbe dovuto indurla a disporre nuova c.t.u., dissuadendola dall'addentrarsi in valutazioni di carattere scientifico.
 
3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono contraddittorietà della motivazione; secondo la corte di merito - sostengono - la limpidezza del liquido amniotico rilevata a seguito dell'amnioressi (rottura delle membrane) costituisce elemento che consente di escludere con certezza che un'anossia si fosse verificata nel periodo dell'omesso controllo; nella letteratura sull'argomento sono segnalati casi in cui alla limpidezza del liquido amniotico corrispondono sofferenze fetali da anossia, sicchè il rapporto fra limpidezza del liquido ed assenza di anossia è di semplice normalità senza possibilità di certa esclusione del rapporto inverso; la sentenza impugnata è contraddittoria laddove ha applicato il criterio della certezza per verificare la sussistenza del nesso causale e quello della probabilità logica per accertare la ricorrenza di "una possibile causa escludente". 4. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 2700 c.c., e contraddittorietà della motivazione; la corte di merito - deducono - ha aderito all'ipotesi secondo la quale la causa dell'asfissia del feto è da individuare nella compressione del "funicolo tra le pareti ossee del cranio fetale e del bacino materno" (laterocidenza del funicolo ombelicale) con conseguente blocco dell'ossigenazione fetale; non ha considerato che la compressione non risulta dalla cartella clinica e che, pertanto, non avrebbe potuto ritenersene la sussistenza; la cartella clinica è, infatti, atto pubblico redatto dal primario, destinato a documentare i fatti rilevanti, di tal che viola l'art. 2700 c.c., il Giudice che ritenga vero uno di questi fatti ancorchè non risulti dalla cartella.
 
5. I motivi, da esaminare congiuntamente per l'evidente connessione, non possono essere accolti.
 
5.1. La più recente giurisprudenza di questa Corte in tema di individuazione del nesso di causalità fra la condotta omissiva del medico e l'evento dannoso ha superato la concezione tradizionale, passando dal criterio della certezza degli effetti della condotta omessa a quello della probabilità di essi e dell'idoneità della condotta stessa ad evitarli, ove posta in essere; con riferimento all'individuazione del nesso causale tra l'evento dannoso e la condotta colpevole (omissiva o commissiva) del medico va rilevato che, ove le nozioni di patologia medica e di medicina legale non forniscano un grado di certezza assoluta, il ricorso al criterio della probabilità costituisce una necessità logica in quanto si tratta di accettare o rifiutare l'assunto secondo il quale il danno si è verificato a causa del fatto che non è stato tenuto il comportamento atteso.
 
Occorre, peraltro, precisare, applicando principi già affermati in sede penale (Cass. pen. S.U. 11.9.2002, n. 30328), che non è possibile dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma dell'esistenza del nesso causale in quanto il Giudice deve verificarne la validità nel caso concreto sulla base delle circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, così che, all'esito del ragionamento probatorio, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica.
 
In conclusione va affermato che è configurabile il nesso causale fra il comportamento omissivo del medico ed il pregiudizio subito dal paziente qualora attraverso un criterio necessariamente pcobabilistico si ritenga che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno verificatosi (Cass. 4.3.2004, n. 4400; Cass. 23.9.2004, n. 19133; Cass. 11.11.2005, n. 22894; Cass. 21.1.2000, n. 632).
 
5.2. Secondo i principi generali di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'esistenza del nesso causale tra l'evento lesivo e la condotta del medico grava sul danneggiato (Cass. 23.2.2000, n. 2044;Cass. 18.4.2005, n. 7997).
 
5.3. Nel caso di specie la corte di merito in linea di principio ha affermato che la legge statistica valevole ai fini dell'individuazione del nesso causale deve presentare un coefficiente percentuale vicino a cento.
 
L'affermazione non è in linea con i principi sopra enunciati, ma non incide sulla decisione che si presenta conforme al diritto, sicchè altro non resta che correggerla.
 
5.4. In particolare va osservato che la corte di merito ha confermato il convincimento del primo giudice circa l'omissione del monitoraggio della partoriente da parte dei sanitari nel periodo compreso fra le ore 2 e le ore 3,10; ha, però, ritenuto che l'omissione sia priva di rilevanza in quanto l'evento lesivo si sarebbe verificato anche se il monitoraggio vi fosse stato.
 
A tale riguardo ha considerato che il primo c.t.u. ha accertato che al momento della rottura del sacco (amnioressi) il liquido amniotico si presentava limpido, esprimendo il parere che questo dato dimostra che il danno ipossico del feto è successivo a quel momento.
 
In ordine alla tesi che viene qui riproposta dai ricorrenti, secondo la quale l'alterazione del valore del PH nel sangue del feto alla nascita è indicativa di grave anossia cerebrale insorta dopo le ore 1,30 e quindi nel periodo in cui è stato omesso il monitoraggio, la corte di merito ha osservato che "non si vede da quale riferimento di letteratura medica sia stata tratta tale assunzione".
 
Pur riconoscendosi che l'osservazione è ingiustificata in quanto vi è un riferimento preciso (il manuale di Richard L. Maeje, professore all'università statale della Pennsylvania), si esclude che tanto infici il ragionamento della corte la quale ha accordato prevalenza al significato del dato della limpidezza del liquido amniotico su quello dell'alterazione del PH nel sangue e con piena adesione al parere espresso dal primo c.t.u. ha ritenuto che l'anossia sia insorta dopo l'"amnioressi" nel corso del parto.
 
Ben vero che la stessa corte ha prospettato l'ipotesi che l'anossia sia conseguente alla compressione del funicolo ombelicale.
 
Osservano i ricorrenti che di tale fenomeno non vi è traccia nellacartella clinica relativa al parto che ne avrebbe senz'altro fatto menzione, trattandosi di fenomeno di particolare importanza.
 
A parte che la cartella clinica fa prova di quello che in essa è annotato e non di quello che da essa non risulta, v'è che il convincimento espresso dalla corte di merito prescinde dall'ipotesi e si regge indipendentemente da essa.
 
6. Concludendo, il ricorso è rigettato; nella peculiarità della specie si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.
 
P.Q.M.
 
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di cassazione il 20 novembre 2007.
 
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2008.