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Sezione di Barletta

 
   
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Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Sentenza del 28 gennaio 2008 n. 1758
martedì 1 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di

Il provvedimento che impone al genitore non affidatario di contribuire alle spese straordinarie per i figli non è titolo esecutivo


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da: C. D.,

 

contro

 

C. S

avverso la sentenza n. 787/04 della Corte d'Appello di Bologna, depositata il 20/05/04; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/11/2007 dal Consigliere Dott. Maria Cristina Giancola; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacomo Caliendo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1102 dell'11-29.12.2003, il Tribunale di Forlì dichiarava cessati gli effetti civili del matrimonio contratto da S. C. con D. C., confermando l'affidamento a quest'ultima della loro figlia ed imponendo al C. il pagamento sia del contributo di mantenimento della minore in misura di € 309,87 mensili, oltre alla metà delle spese scolastiche, mediche e straordinarie e sia di € 280,00 mensili a titolo di assegno divorzile. Statuito anche sugli ulteriori profili controversi, condannava, infine, il C. al pagamento del 50% delle spese processuali, compensate per la residua parte.

Con sentenza del 23.04-20.05.2004, la Corte di appello di Bologna, in parziale accoglimento dell'appello principale proposto dal C., respingeva la domanda della C. di assegno divorzile, mentre non accoglieva la doglianza relativa all'eccessività del contributo di mantenimento della figlia. A tale ultimo riguardo riteneva che le condizioni economiche del C., titolare dal 1989 di un esercizio commerciale adibito a bar gelateria, non avessero subito uno stabile peggioramento in epoca successiva agli accordi separatizi, intervenuti nel 1996, e che, pertanto, l'entità della contribuzione non potesse essere ridotta.

La Corte territoriale, inoltre, rigettava l'appello incidentale della C., confermando l'inammissibilità della sua domanda di condanna del coniuge al pagamento pro quota delle spese straordinarie, mediche etc. sostenute per la figlia. Riteneva che in relazione a tali spese la C. fosse già titolare del titolo esecutivo costituito dal provvedimento impositivo adottato dal giudice della separazione, provvedimento che recava la misura della prestazione e l'indicazione specifica delle singole voci, per cui il giudice dell'esecuzione ben poteva ricavare gli importi mediante semplici calcoli aritmetici alla stregua dei documenti che il titolo esecutivo, richiamandoli, aveva fatto propri. Quanto alle spese processuali, atteso l'esito complessivo della lite, riteneva conforme a giustizia compensarle nella misura del 60%, ponendo la residua parte, che liquidava in riferimento ad entrambi i gradi di giudizio, a carico della parte appellata.

Avverso questa sentenza la C. ha proposto ricorso per Cassazione, fondato su tre motivi. Il C. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere respinta l'eccezione di inammissibilità del controricorso del C., sollevata dalla ricorrente. Premesso che l'art. 370, secondo comma, c.p.c. dispone che "Al controricorso si applicano le norme degli artt. 365 e 366 c.p.c., in quanto è possibile", nella specie la trascrizione nell'atto della parte in fatto e del dispositivo della sentenza impugnata, seguita da argomentate ragioni in diritto di opposizione a ciascuno dei tre motivi del ricorso per cassazione della C., appare aderente al dettato normativo (tra le altre, Cass. 198105857 e da ultimo Cass. 200605400). Inoltre, la mancanza di data nella procura apposta a margine del controricorso non ne determina l'inammissibilità ove la procura stessa, come nella specie, sia stata trascritta nella copia notificata del controricorso, atteso che la posteriorità del suo rilascio rispetto alla sentenza gravata si ricava dall'intima connessione con l'atto al quale accede, in cui la sentenza è menzionata, mentre la sua anteriorità rispetto alla notifica, si desume dal contenuto della copia notificata del controricorso, così da risultare con certezza che essa è stata conferita, in data anteriore a detta notifica (Cass., S.U. 200008534 e Cass 200108532).

Con il primo motivo di ricorso la C. denuncia "Violazione e/o falsa applicazione (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) dell'art. 5 legge 898/70 per omesso riconoscimento del diritto a percepire l'assegno divorzile ed omessa e/o insufficiente nonché contraddittoria motivazione su tale punto della controversia (ex art. 360 n. 5 c.p.c.) nonché laddove si afferma che la situazione economica attuale in cui versa C. D. è identica a quella che la stessa fruiva al momento della separazione".

Sostiene in sintesi che nel denegare l'assegno divorzile si è illegittimamente omesso di comparare il suo reddito attuale e potenziale con il tenore di vita coniugale, di valutare lo squilibrio pregresso e attuale tra il suo reddito e quello del coniuge, di considerare il sopravvenuto miglioramento della condizione economica del C. nel triennio 1998-2000 e l'esito dell'accertamento compiuto dalla G.d.F., nonché fatto riferimento all'accordo separatizio che non prevedeva contribuzioni.

La censura è fondata.

Il diniego dell'assegno divorzile in favore della C. si fonda sul rilievo sia che negli accordi di separazione i coniugi pattuirono che nessun assegno fosse versato dal marito per il mantenimento della moglie in quanto i coniugi godevano di redditi di portata analoga e, comunque, tali da non giustificare l'erogazione di un contributo da parte del marito, e sia che i redditi di lei sono rimasti invariati rispetto a quelli goduti all'epoca della separazione consensuale, anche nella premessa che il marito deduce di sostenere oneri alloggiativi al contrario della moglie che abita nella casa coniugale in proprietà comune e che anche i redditi del C. non hanno subito né flessioni né incrementi. Del tutto assente risulta, quindi, la verifica del rapporto delle attuali condizioni economiche delle parti con il pregresso tenore della vita coniugale, e ciò in contrasto con i condivisi principi secondo cui (da ultimo Cass. 200704764) "L'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto" e secondo cui (tra le altre, Cass. 200115575) “La determinazione dell'assegno di divorzio, alla stregua dell'art. 5 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, modificato dall'art. 10 della legge 6 marzo 1987 n. 74, é indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le parti e in virtù di decisione giudiziale, in vigenza di separazione dei coniugi, poiché, data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate a diversificate situazioni, e delle rispettive decisioni giudiziali, l'assegno divorzile, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che l'assetto economico relativo alla separazione può rappresentare mero indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denunzia "Violazione e/o falsa applicazione (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) dell'art. 474 c.p.c. laddove si è dichiarata inammissibile la domanda volta ad ottenere la condanna di C. S. al pagamento delle spese straordinarie e mediche sostenute da C. D. pari ad € 1.722,06, nonché contraddittorietà della decisione sul punto (ex art. 360 n. 5)". La C. censura la statuizione di inammissibilità di detta domanda sostenendo che, sebbene, in esito alla procedura di modifica delle condizioni di separazione, il C. fosse stato condannato a pagare la metà delle spese straordinarie anche d'indole medica e scolastica, concernenti la figlia minorenne a lei affidata, tale provvedimento giudiziario non era suscettibile di esecuzione forzata, non essendo certo, liquido ed esigibile il diritto da esso portato, per essere necessaria la verifica della riconducibilità degli esborsi sostenuti a quelli contemplati dal titolo.

La censura è fondata.

Il provvedimento giudiziario con cui in sede di separazione personale si stabilisca, si sensi dell'art. 155, secondo comma, cod. civ., quale modo di contribuire al mantenimento dei figli, che il genitore non affidatario paghi, sia pure pro quota, le spese straordinarie relative ai figli, richiede, nell'ipotesi di non spontanea attuazione da parte dell'obbligato, al fine di legittimare l'esecuzione forzata, stante il disposto dell'art. 474, primo comma, c.p.c., un ulteriore intervento del giudice, volto ad accertare l'avveramento dell'evento futuro e incerto cui è subordinata l'efficacia della condanna, ossia la effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi contemplati dal titolo e la relativa entità, non suscettibili di essere desunte sulla base degli elementi di fatto contenuti nella prima pronuncia. Dall'accoglimento dei primi due motivi di ricorso deriva la cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, e, quindi, l'assorbimento della terza censura con cui la C. denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c. nonché contraddittoria motivazione su tale punto decisivo della controversia (ex art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) in merito alla statuizione di compensazione delle spese di lite nella misura del 60% e di condanna di C. D. al pagamento del residuo 40%".

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.