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Cassazione penale, sez. IV, sentenza 16/1/2008 (dep. 3/3/2008) n. 9426
domenica 13 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di Francesco Morelli

Ai fini della revoca o sostituzione della misura cautelare, il tempo trascorso nello stato di custodia in carcere e quello relativo alla data di commissione del reato hanno certamente una loro apprezzabile incidenza, pur non potendo determinare da soli l'obbligo della revoca della misura o della sostituzione della medesima con altra meno afflittiva quando non siano accompagnati da ulteriori elementi sintomatici dell'esclusione o dell'attenuazione delle esigenze cautelari.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
Sentenza 16 gennaio – 3 marzo 2008, n. 9426
(Presidente Marini – Relatore Amendola)
Motivi della decisione

1.1 T. N., imputato del reato di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, per il quale era stato condannato dal Tribunale di Bologna, a seguito di rito abbreviato, alla pena di anni due di reclusione, poi diminuita in sede di appello ad anni uno e mesi quattro, proponeva, ex art. 299 cod. proc. pen., istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, rigettata dalla Corte d'appello con ordinanza del 30 aprile 2007.

Proposto gravame, il Tribunale della libertà, in accoglimento dello stesso, revocava la misura applicata, disponendo la liberazione dell'appellante, se non detenuto per altra causa.

In motivazione osservava il giudicante che il T., al momento della decisione, si trovava in stato di custodia cautelare da circa undici mesi, essendo stato arrestato il 6 luglio 2006, e cioè da un periodo che appariva congruo, in quanto superiore a due terzi della pena inflittagli con sentenza non ancora passata in giudicato. Ricordato che il criterio della ragionevole durata della restrizione preventiva della libertà personale rispetto alla pena, imposto dall'art. 275, comma 2, cod. proc. pen., necessita di un'applicazione aderente alla situazione processuale, rilevava il decidente che «le condizioni soggettive del cautelato evidenziate nell'appellata ordinanza» non potevano neutralizzare il dato oggettivo del presofferto e l'effetto dissuasivo che questo aveva necessariamente svolto, in un contesto normativo che vuole il trattamento cautelare distinto dal risultato sanzionatorio.

1.2 Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Bologna, chiedendone l'annullamento con ogni conseguente pronuncia.

Ha segnatamente lamentato il ricorrente la mancata valutazione di elementi, quali il pericolo di reiterazione di reati della stessa indole e di fuga, che, in conformità a quanto statuito dal Supremo Collegio, avrebbero invece dovuto essere apprezzati insieme al criterio della proporzionalità della durata della custodia cautelare alla pena inflitta, anche per evitare che quest'ultimo, attraverso l'impropria utilizzazione dei parametri indicati dall'art. 304, comma 6, si traduca in una surrettizia forma di riduzione dei termini massimi di custodia cautelare.

Nello specifico i connotati soggettivi e oggettivi della vicenda, e segnatamente la circostanza che l'imputato venne arrestato mentre importava ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, il che induceva a presumere che fosse in contatto con ambienti del narcotraffico internazionale, avrebbero dovuto indurre il giudicante a un diverso apprezzamento delle esigenze cautelari.

2.1 Il ricorso è fondato.

La decisione del giudice di merito, che attribuisce carattere assorbente, nel giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la revoca del provvedimento custodiale, al criterio della proporzione della sua durata (e quindi del presofferto) alla pena irrogata, contrasta con il disposto degli artt. 275, comma 2, e 299, comma 2, cod. proc. pen. che, indicando quale parametro di valutazione anche «l'entità del fatto», impongono, sia in fase di decisione sulla applicazione, sia in fase di decisione sul mantenimento, l'apprezzamento di fattori quali la personalità dell'interessato, le modalità del fatto criminoso addebitatogli e il contesto sociale in cui lo stesso è stato commesso, a salvaguardia delle esigenze di protezione contro il pericolo di reiterazione, di fuga dell'indagato e di integrità del compendio probatorio alle quali la misura è preordinata. Si ricorda in proposito che la giurisprudenza ritiene condivisibilmente che il solo passaggio del tempo, senza la presenza di ulteriori, specifici elementi, non sia motivo sufficiente per riesaminare l'esistenza delle esigenze cautelari (confr. Cass. pen., sez. VI, 24 novembre 2003, n. 47819; Cass. pen., sez. IV, 7 ottobre 2006, n. 39531): segnatamente questa Corte ha ripetutamente chiarito che «ai fini della revoca o sostituzione della misura cautelare, il tempo trascorso nello stato di custodia in carcere e quello relativo alla data di commissione del reato hanno certamente una loro apprezzabile incidenza, pur non potendo determinare da soli l'obbligo della revoca della misura o della sostituzione della medesima con altra meno afflittiva quando non siano accompagnati da ulteriori elementi sintomatici dell'esclusione o dell'attenuazione delle esigenze cautelari» (Cass. pen., sez. I, 27 ottobre 2004, n.45379; confr. anche Cass. pen., sez. I, 12 maggio 1998, n.2680). A ciò aggiungasi che il decidente ha enunciato di considerare due terzi della pena «periodo di ragionevole durata della detenzione preventiva», senza addurre a fondamento di tale apprezzamento altra ragione che «l'orientamento di questo tribunale», e cioè, in definitiva, in maniera affatto apodittica.

In tale contesto l'annullamento dell'ordinanza impugnata si impone dunque, con rinvio al Tribunale di Bologna, che si atterrà ai principi indicati nella presente sentenza.

Ai sensi dell'art. 94 si invita la cancelleria agli adempimenti di rito.
 
P.Q.M.

La Corte di cassazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bologna. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Direttore dell'Istituto Penitenziario di competenza, perché provveda a quanto stabilito nell'art. 23, comma 1 bis legge 8 ottobre 1995, n. 332.