Unione Degli Avvocati d'Italia

Sezione di Barletta

 
   
venerdì 26 aprile 2024 - ore 01:59
Tribunale di Torre Annunziata, sentenza 25/10/2007 (dep. 30/10/2007)
domenica 13 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di Francesco Morelli

Delitto di ricettazione: la mancata specifica identificazione del delitto presupposto non costituisce ostacolo per l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato, essendo sufficiente che lo stesso risulti dagli atti processuali.

Tribunale di Torre Annunziata
Sentenza 30 ottobre 2007
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con atto depositato il 31 luglio 2007, il P.M. chiedeva il giudizio immediato, nei confronti di V. G., in ordine ai reati riportati in epigrafe.

Con decreto del 27 agosto 2007, il G.I.P. disponeva procedersi con giudizio immediato nei confronti dell'imputato.

Con istanza pervenuta entro il termine di cui all'art. 458, co. 1, c.p.p., il difensore dell'imputato, munito di procura speciale, chiedeva il giudizio abbreviato.

Con decreto del 20 settembre 2007, ritenuta ammissibile la richiesta, veniva fissata, per la decisione, l'udienza camerale del 25 ottobre 2007.

All'udienza odierna, rigettata come da verbale l'istanza di rinvio del processo per impedimento a comparire dell'imputato, dichiarata la sua contumacia, all'esito della discussione, le parti rassegnavano le conclusioni in epigrafe indicate.

Quindi il giudice pronunciava il dispositivo.

Deve essere affermata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato per tutti i reati a lui ascritti.

La prova della penale responsabilità dell'imputato è agevolmente desumibile dagli atti acquisiti, che qui di seguito si riportano.

Nella serata del 5 giugno 2007, in C. di S., nella zona delle ferrovie dello Stato, si verificava un violento litigio tra F. C. ed un giovane a bordo di un motociclo Honda Chiocciola di coloro bianco; tra i due nasceva un alterco per motivi legati alla precedenza dei veicoli, e ne derivava una lite nel corso della quale il giovane aveva la peggio, tanto che si allontanava, lasciando a terra il motociclo, con il volto insanguinato.

Sul posto, nell'immediatezza dei fatti, sopraggiungeva una volante del Commissariato P.S. di C. di S., che apprendeva dell'accaduto direttamente dal F. C..

Nella giornata del 6 giugno 2007, il F. si recava regolarmente a lavoro presso la panetteria gestita dalla sorella, allorquando, verso le ore 12,00, un uomo conosciuto dal denunciante come "G. "o V." andava a chiamarlo, invitandolo ad uscire per incontrarsi con la persona con la quale aveva avuto la lite, al fine di una riappacificazione.

I due si portavano in un violetto adiacente dove si avvicinavano al F. tre persone, una delle quali aveva in mano un casco non intergale dai cui interno estraeva una pistola ed esplodeva, verso terra, tre colpi (il successivo sopralluogo delle forze dell'ordine ha consentito di recuperare 3 bossoli calibro 7,65 e 2 frammenti di ogiva).

Il F. veniva colpito al piede destro e si recava immediatamente in ospedale (cfr. certificato in atti); gli altri uomini scappavano in direzione di via Ro..

All'atto della denuncia il F. effettuava un riconoscimento fotografico della persona che gli aveva sparato, riconoscendola nella foto recante l'effigie di V. G.; in verità, nel primo riconoscimento la p.o. manifestava qualche perplessità in ragione del fatto che la persona che gli aveva sparato aveva i capelli corti ed era di età più avanzata rispetto al giovane ritratto nella foto (effettivamente la fotografia nella disponibilità degli operanti risaliva al 1998); successivamente, però, il F., visionando una foto recente del V. G., lo riconosceva con sicurezza come l'uomo che gli aveva sparato (pur rifiutandosi di firmare il verbale per timore di ritorsioni verso la sua famiglia).

Il F. riconosceva fotograficamente anche la persona da lui conosciuta come "G. o" V." in L. G. G. B..
Il L. G. G. B. e il V. G. subito dopo i fatti si rendevano irreperibili.

In data 8 giugno 2007, V. G. si presentava spontaneamente presso il Commissariato P.S. di C. di S., ove, dinanzi al P.M., rendeva una piena confessione dei fatti.

Di qui la reazione del V., tesa evidentemente a contrastare "il torto" subito dal fratello.

Alla luce di quanto sopra esposto, non vi è dubbio che l'imputato avesse l'illegale disponibilità di un'arma, che è risultata essere una pistola cal 7,65, marca Astra, mod. Falcon xxx con matricola abrasa, completa di caricatore e cartucce (cfr. verbale di sequestro in atti), arma utilizzata per ferire il F. in luogo pubblico.

Sussistono, pertanto, i reati di cui agli artt. 10, 12 e 14 L. n. 497/74.

Sussistono, inoltre, anche i reati di cui all'art. 23, co. 3° e 4°, L. n. 110/1975, trattandosi di arma comune da sparo con matricola abrasa.

Quanto al delitto di cui all'art. 648 c.p., la prova che l'imputato fosse anche a conoscenza della provenienza delittuosa della pistola sequestrata discende dalla accertata abrasione del numero di matricola, la quale costituisce elemento di fatto che, "non potendo sfuggire alla percezione visiva dell'accipiens e rendendo lo stesso consapevole della illecita manipolazione, fornisce la prova della consapevolezza della provenienza criminosa dell'arma all'atto della ricezione, cui la mancata indicazione della persona del tradens o della ammissione di avere l'agente stesso operato la abrasione forniscono ulteriore conforto probatorio" (Cass. sez. I, 02/03/1992, n. 2302; conf. Cass. Sez. II, 05/09/91, n. 8846; Cass. sez. 1, 11/06/92, n. 6925; Cass. sez. I, 13106/94, n. 6837; Cass. sez. IV, 16104/96, n. 3869).

La mancata specifica identificazione del delitto presupposto non costituisce ostacolo per l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato per il reato di cui al capo c), essendo sufficiente che lo stesso risulti dagli atti processuali (cfr. Cass. sez. Il, 13 settebre 1991, n. 9284, in C.E.D. Cass. n. 187936).

Orbene l'accertata abrasione del numero di matricola della pistola rinvenuta è elemento che dimostra inequivocabilmente la provenienza delittuosa dell'arma.

Tuttavia, pur volendo prescindere da questo rilievo, va rilevato che, nel caso di specie, il reato presupposto ben può identificarsi in quello di cancellazione del numero di matricola della pistola de qua (cfr., per tutte, Cass. sez. I, 11 giugno 1992, n. 6925, in C.E.D. Cass. n. 190577).

Il materiale probatorio raccolto consente, infine, di ritenere pienamente provata la penale responsabilità dell'imputato anche per il reato di cui al capo a).

Sussistono i presupposti per riconoscere le circostanze attenuanti generiche, tenuto conto della piena, completa e decisiva confessione resa dal V. agli inquirenti.

Ed, invero, come emerso dalla ricostruzione sopra esposta, il V., dopo un primo periodo di irreperibilità, si è spontaneamente presentato alla Polizia ed ha reso dichiarazioni decisive per la ricostruzione della vicenda delittuosa per cui è procedimento.

Va solo rilevato che, nella fattispecie, non trova applicazione la preclusione alla concedibilità delle generiche posta dall'art. 62 bis u.c. c.p., come riformulato dalla L. n. 251/05, perché l'imputato non versa nella condizione di recidiva prevista dall'art. 99, co. 4°, c.p..

Appare sussistente anche l'attenuante di cui all'art. 62, co. 1°, n. 6) c.p., essendosi l'imputato, immediatamente dopo il fatto, spontaneamente ed efficacemente adoperato per elidere le conseguenze pericolose dei reati di cui ai capi b) e c); emerge, invero, dagli atti che la Polizia ha rinvenuto l'arma di cui alla contestazione su precisa indicazione dell'imputato che ha condotto gli operanti nel luogo ove aveva abbandonato la pistola, consentendo il suo recupero.

Inoltre, quanto ai reato di cui al capo a), emerge dagli atti che il V. ha risarcito, a mezzo n. 2 assegni bancari, F. C. di tutti i danni subiti, quantificati in Euro 20.000,00.

La riparazione del danno effettuata dall'imputato prima del giudizio appare presentare i requisiti richiesti per il riconoscimento dell'attenuante in parola, vale a dire si presenta integrale, effettiva e volontaria.

In particolare, quanto ai primi due requisiti, tenuto conto dell'entità dei danni subiti, deve ritenersi che la somma offerta dall'imputato, ed accettata dalla vittima, abbia integralmente soddisfatto tutte le obbligazioni di natura civilistica sorte dal reato, corrispondendo la stessa all'entità del pregiudizio arrecato.

Appare equo, tenuto conto della meritevole condotta post factum del V. e della disomogeneità ontologica della precedente condanna (per estorsione tentata), risalente ad oltre un quinquennio, riconoscere, in sede di giudizio di bilanciamento, la prevalenza delle attenuanti generiche e dell'attenuante di cui all'art. 62, co. 1°, n. 6) c.p. sulla recidiva (semplice) contestata.

Anche in questo caso va rilevato che non trova applicazione il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva posto dall'art. 69 u.c. c.p., come riformulato dalla L. n. 251/05, perché l'imputato non versa nella condizione di recidiva prevista dall'art. 99, co. 4°, c.p. e non sussiste alcuna delle aggravanti previste dagli arti. 111 e 112, co. 1°, n. 4, c.p..

Da quanto finora esposto, considerata la natura dei reati, la contiguità temporale degli stessi, il contesto finalistico unitario dell'azione evidenziato dalle analoghe modalità di svolgimento dei fatti, deve ritenersi la sussistenza, ex art. 81 cpv. c.p., di un medesimo disegno criminoso in ordine alle fattispecie sopra indicate (il reato più grave va ravvisato nella ricettazione perché punito più gravemente dalla legge).

Pertanto, valutati tutti i criteri di cui all'art. 133 c.p. (ed, in particolare, quanto al profilo oggettivo, la gravità dell'azione, come evidenziata dall'entità delle lesioni arrecate, dallo strumento utilizzato, dalla determinazione dimostrata nell'esecuzione del delitto; quanto al profilo soggettivo, il corretto comportamento processuale dell'imputato), riconosciute le circostanze attenuanti generiche e la circostanza attenuante di cui all'art. 62, co. 1°, n. 6) c.p. prevalenti sulla contestata recidiva, unificati i reati dal vincolo della continuazione e ritenuto più grave il reato di cui al capo c) perché più gravemente punito dalla legge, con la diminuente del rito, si reputa congrua la pena di anni uno e mesi dieci di reclusione ed Euro 3.000 di multa, così determinata: pena base, anni tre di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa; ridotta, per le generiche prevalenti, ad anni due di reclusione ed Euro 4.200,00 di multa; ridotta per l'attenuante di cui all'art. 62, co. 1°, n. 6 c.p., ad anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 2.800,00 di multa; aumentata, per la continuazione, ad anni due e mesi nove di reclusione ed Euro 4.500,00 di multa; ridotta, per il rito, ad anni uno e mesi dieci di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa.

La pena base è stata fissata nella misura indicata (anni tre di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa), certamente superiore al minimo edittale (che è di anni due di reclusione ed Euro 516,00 di multa), in considerazione dell'indubbia gravità della condotta criminosa accertata (la ricettazione di una pistola con matricola abrasa si colloca, nell'ambito del genus, ad un livello di indubbia gravità).

L'aumento di pena per la continuazione è stato calcolato tenuto conto del numero e della gravità dei reati avvinti dal vincolo della continuazione; in particolare, l'illegale detenzione e porto in luogo pubblico di una pistola con matricola abrasa utilizzata per ferire è una condotta connotata da indubbia gravità e tale da giustificare un congruo aumento a titolo di continuazione.

L'imputato va condannato al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare.

Ai sensi dell'ari 240, co. 2, n. 2) c.p. e 6 L. n. 152/75, va ordinata la confisca e il versamento alla direzione di artiglieria della pistola in sequestro.

Letto l'art. 240, co. 1°, c.p., va ordinata la confisca e la distruzione di quanto altro in sequestro.
Non sussistono i presupposti per concedere la sospensione condizionale della pena.
P.Q.M.

Letti gli artt. 442, 533, 535 c.p.p. dichiara V. G. colpevole di tutti i reati a lui ascritti e, concesse le circostanze attenuanti generiche e la circostanza attenuante di cui all'art. 62, co. 1°, n. 6) c.p. prevalenti sulla contestata recidiva, unificati i reati dal vincolo della continuazione, ritenuto più grave ii reato di cui al capo c), con la diminuente del rito, lo condanna alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare.

Letto l'art. 240, co. 2, n. 2) c.p. e 6 L. n. 152/75 ordina la confisca e il versamento alla direzione di artiglieria della pistola in sequestro.

Letto l'art. 240, co. 1°, c.p. ordina la confisca e la distruzione di quanto altro in sequestro.
Così deciso in Torre Annunziata, 25 ottobre 2007.