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Cassazione civile, sezione lavoro, sent. 19/12/2007 (dep. 11/03/2008), n. 6436
domenica 13 aprile 2008 - Pubblicazione a cura di Angela Lorusso

Il ritardo nella erogazione dell'indennizzo da trasfusione di sangue infetto non comporta il diritto al risarcimento del danno esistenziale, perché non vengono violati principi di rango costituzionale e, comunque, il danno non patrimoniale può riguardare solo ipotesi risarcitorie e non prestazioni di natura assistenziale.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza 19 dicembre 2007 – 11 marzo 2008, n. 6436
(Presidente De Luca – Relatore Miani Canevari)
Svolgimento del processo

G.A.M. e litisconsorti hanno convenuto in giudizio con seperati ricorsi il Ministero della Salute chiedendo il riconoscimento dei benefìci previsti dalla legge 25 febbraio 1992 n. 210 a favore dei soggetti danneggiati a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati, con la condanna della parte convenuta al pagamento delle somme dovute oltre interessi e rivalutazione.

Il giudice adito accoglieva le domande con decisione che la Corte di Appello riformava parzialmente con la sentenza oggi impugnata . Il giudice dell'appello, mentre escludeva il diritto alla rivalutazione per l'indennità integrativa speciale e fissava la decorrenza degli interessi dal 121° giorno dalla domanda, riconosceva il diritto degli attori in primo grado al risarcimento del danno non patrimoniale per il ritardo nella erogazione delle prestazioni in esecuzione della sentenza di I grado, qualificando il pregiudizio subito come danno esistenziale. Avverso questa sentenza il Ministero della Salute propone ricorso per cassazione con unico motivo. Gli intimati non si sono costituiti

Motivi della decisione

Il motivo di ricorso, con denuncia dei vizi di violazione e falsa applicazione degli artt.2059 e 2947 cod. civ., nonché dell'art. 14 del d.l. n. 669/1996, come modificato dall'art. 147 della legge 388/2000, nonché difetto di motivazione, investe la decisione con cui è stato riconosciuto il diritto degli appellanti al risarcimento del danno per la mancata esecuzione della sentenza di primo grado; ristoro attribuito a titolo di «danno esistenziale» , sul rilievo che gli interessati sono soggetti gravemente malati, che hanno diritto a migliorare la loro qualità di vita utilizzando l'indennizzo.

L'amministrazione ricorrente rileva che i danni non patrimoniali possono essere risarciti al di fuori dei casi individuati espressamente dalla legge quando siano lesi interessi attinenti direttamente ai valori della persona, di rilevanza costituzionale; nella specie, la Corte territoriale ha confuso il piano del diritto alla salute tutelato mediante lo strumento indennitario della legge n. 210/1992 con l'interesse alla sollecita esecuzione della sentenza di primo grado.

Non risulta poi dimostrato il danno derivato dalla mancata tempestiva esecuzione della sentenza di primo grado, non essendo stato considerato lo spatium deliberandi previsto dalla disciplina dettata in tema di esecuzione forzata nei confronti pubbliche amministrazioni dall'art. 14 della legge 28 febbraio 1997 n. 30, modificato dall'art. 147 legge 23 dicembre 2000 n. 338; né è stato verificato se i creditori avessero provveduto a notificare il titolo esecutivo.

Il ricorso merita accoglimento per le seguenti considerazioni.

Secondo il principio richiamato dalla sentenza impugnata, il danno non patrimoniale deve essere risarcito non solo nei casi previsti dalla legge ordinaria, ma anche nei casi di lesione di valori della persona umana costituzionalmente protetti ( come la salute, la famiglia, la reputazione, la libertà di pensiero). Nel caso di specie, il beneficio in questione riguarda peraltro una prestazione di natura assistenziale, posta a carico dello Stato in ragione del dovere di solidarietà sociale, e che non ha quindi natura risarcitoria, né può essere qualificata , per la sua funzione, come strumento direttamente rivolto alla garanzia del diritto alla salute.

Risulta quindi infondata la pretesa ad un risarcimento per il ritardo nella corresponsione della prestazione, ulteriore a quello già attribuito a titolo di rivalutazione dell'indennizzo ed interessi.

La sentenza impugnata deve essere quindi cassata in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto delle domande proposte da G. A. M., D. B., M. F., relative al risarcimento del danno per il ritardo nel pagamento delle prestazioni.

Va confermata la statuizione sulle spese del giudizio di primo grado, mentre non si deve provvedere sulle spese del giudizio di appello e del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito rigetta le domande proposte da G. A. M., D. B., M. F., relative al risarcimento del danno per il ritardo nel pagamento delle prestazioni. Conferma la statuizione sulle spese del giudizio di primo grado. Nulla per le spese del giudizio di appello e del giudizio di cassazione.